Cerco di ammazzare il tempo nell'attesa che lui ammazzi me.
Oggi ha riaperto, dopo le ferie, il bar dove vengono ad arenarsi i ciucchettoni del paese dopo che i locali scalcinati del centro storico hanno cambiato gestione e target obbligandoli a emigrare verso altri lidi. Poco fa sentivo voci impastate contrastarsi e anche ora, proprio mentre scrivo, sono rimbombate un paio di bestemmie.
“Tutto è normale in questa inutile sarabanda che chiami vita”, non è proprio il caso di preoccuparsi.
"...vorrei mostrare come noi, nati negli anni Cinquanta, siamo stati capaci di adeguarci a un presente così diverso da quello che avevamo pensato; diventati spesso la nuova borghesia soprattutto professionale, abbiamo rivisto le nostre convinzioni ma non abbiamo smesso di cercare la felicità né di avere un’etica.", così dice Francesco Fiorentino nell’intervista di presentazione del suo romanzo “Cinque giorni fra trent’anni” (Marsilio, Venezia 2023).
Non mi sembra di essere stato così capace di adeguarmi a un presente tanto diverso da quello che pensavo, speravo, volevo e aspettavo in gioventù, anzi direi che questa mia incapacità ha contribuito, insieme ad altre cause, a sconciarmi la vita. Dall’incapacità di adeguarmi è nata la convinzione che la felicità non esiste e quindi chi l’ha mai cercata? Io no, mi sono accontentato di brevi momenti di tranquillità psicologica e spirituale. Brevi, molto brevi e subito svaporati nel grigiore di un tipo di vita non voluto e imposto dalla contingenza...
Una lunga profonda, innaturale, dormita pomeridiana sul divano, dopo è chiaro non ho fatto nulla, ho solo aspettato l’ora di cena. Non esco più ma in una piccola città, se non hai vita sociale, se non hai persone da incontrare, dove vai? Fai il giro dei supermercati e dei bar? Non è il caso, muori di noia, tanto vale annoiarsi comodi in casa.
Che vizio la scrittura notturna, non serve a nulla.
Valerio Varesi ha un concetto del tempo e dell’età particolare, nel suo romanzetto giallo c’è un personaggio che ha fatto la Resistenza e che “oggi”, ancora in affari, si suicida. L’autore non dice quando si svolge la storia, peraltro interessante, ma parla della città piena di immigrati e piena di negozi gestiti da pachistani, marocchini ed extracomunitari, quindi è credibile sia ambientata nell’adesso. Il suicida, anche se giovanissimo partigiano, ora dovrebbe avere quasi cento anni. Come fa a essere ancora attivo nel mondo del lavoro? Anche sull’età del commissario nasce qualche dubbio, era liceale o universitario nel 1974, diciamo attorno ai venti anni, ora dovrebbe essere molto vicino, se non oltre, ai settanta. A che età vanno in pensione i commissari della Mobile? Mah, peccato perché, lo ripeto, l’ambientazione è interessante, uno svarione così la rende incredibile, se non ridicola.
Pochi minuti dopo la mezzanotte.
Ormai Autunno conclamato, anche se il grillo in giardino canta ancora. Penso alle cicale ormai morte o agonizzanti.
Volevo scrivere un po’, come ormai consuetudine, ma d’improvviso me ne è scappata la voglia. Sarà perché mi sono addormentato sul divano, credo di aver dormito quasi un’ora, sarà perché sento freddo e ho impostato la casa per la notte in modalità autunnale, sono sotto le lenzuola e addirittura pensavo di mettere la maglietta del pigiama, sarà che non ho più niente da dire...

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