giovedì 4 novembre 2021

Dedicato a nonno Giovanni, disertore nella Grande Guerra, e a nonno Nicolò Grondona, prigioniero a Caporetto.

Oggi è il 4 novembre, festa delle forze armate e, una volta, festa della vittoria.

Mi ricordo che, ai tempi delle scuole elementari, le suore ci portavano nel Parco della Rimembranza di San Michele e ci facevano cantare "il Piave mormorava calmo e placido al passaggio..." e l'inno di Mameli: "...siam pronti alla morte, l'Italia chiamò".

Il parco della Rimembranza è a pochi metri dalla piccola baia del paese e ai piedi della collina del cimiterino. Legate agli alberi ci sono tante vecchie piastrine di latta pitturate di bianco, qualcuna molto arrugginita dal tempo è ora sostituita da etichette di plastica bianca, con scritti sopra i nomi dei soldati caduti e, subito all'entrata del parco, c'è un'ara di pietra chiara con i simboli del fascismo.

Le suore ci insegnavano che noi eravamo i buoni, avevamo sempre ragione, e che per avere la pace bisognava uccidere tutti i cattivi.

Sono passati tanti anni e ora sono convinto che se vuoi la pace devi preparare la pace, che il fine non giustifica il mezzo e che il mezzo corrotto corrompe il fine.

Non ho mai conosciuto nonno Giovanni e ho camminato per poco tempo con nonno Nicolò, un grande affabulatore, che, forse perché ero troppo piccolo, mi raccontò poco o nulla della guerra e di cosa aveva visto.

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