Reperti perché questo è un raccontino, meglio un post, scritto nel 2015 o '16 per il blog che, grazie alla direttora Laura Guglielmi, curavo per Mentelocale, giornale on line di cultura e tempo libero. Sono stato fino all'ultimo indeciso se rimetterci le mani, se non altro per limare lo stile di scrittura che, non frattempo, è mutato, ma se deve essere un reperto d'epoca (un cascame...) rimanga come era e pace se mi espone al pubblico ludibrio con il suo sottofondo malinconico piagnucoloso.
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Tra uno scroscio di pioggia e una breve grandinata, tra un temporale violento e una bufera di vento, cerco di fare qualche lavoro in giardino. Ho ancora abbastanza tempo per completare le potature, di solito finisco entro la prima metà di gennaio, certo che abbandonare a se stesso il giardino come in questo ultimo mese è pesante. È impossibile tosare il prato umido di pioggia, il mio tosaerba è elettrico e non prendo rischi di questo tipo. Ho abbassato in modo drastico gli allori, cerco sempre di formare le siepi con vari tipi di piante. Lascio sviluppare insieme allori, ibischi siriaci, corbezzoli e aucube, davanti lascio le belle di notte e sullo sfondo, dove riesco, faccio arrivare i gelsomini. L’estate scorsa, nella siepe verso la strada ho inserito qualche geranio rampicante, il fiore è insignificante ma le foglie sono bellissime e profumate.
Ora viene giù una pioggerellina leggera e fitta, Otto ha interrotto il controllo delle tane ed è scappato in casa. La girandola del cancello turbina al vento. Un temporale si avvicina, già si vedono dei lampi verso Genova. Sono in casa, da dietro la finestra guardo la pioggia e il vento che portano via le ultime foglie caduche.
La tomba di Yuri, il mio cagnone sfortunato, è sotto al rosaio in fondo al giardino. Yuri è arrivato a casa mia, come regalo della mia fidanzata, la notte di Natale, era un bell’incrocio tra un Golden Retriever e un Border Collie. Passato in pochi anni da un “umano” al canile per tre volte. Io ero il suo quarto tentativo. Lo volevano come cane da guardia, ma non era adatto e i suoi proprietari lo scaricavano ogni volta al canile di Tonnego. Eravamo al giro di boa tra i due millenni, all’epoca frequentavo una persona – donna completamente dimenticabile e prescindibile –. Lei, per fortuna, seguì presto la sua strada, che non era la mia, e il cagnone restò con me.
Subito e istintivamente, Yuri scelse mio padre, scelse la persona più fragile. Lui, cane di campagna abituato a corse sfrenate dopo ore e ore di catena, seguiva papà sfiorandolo appena, si accoccolava ai suoi piedi e aspettava la carezza o il bocconcino, aveva bisogno dell’affetto tranquillo che poteva dargli l’anziano uomo ammalato. Certo, mi accompagnava in giardino ma si limitava a osservarmi, non era cane da giochi, non inseguiva e riportava la pallina – nessuno lo aveva mai fatto giocare –. Nei giorni d’estate papà usciva in giardino e si sedeva all’ombra del susino Goccia d'oro, il cane lo seguiva fino alla sedia, poi si sdraiava sotto le ortensie e si addormentava.
Yuri non sopravvisse molto tempo a papà, dopo un anno si ammalò di una malattia misteriosa. Camminava poco e con fatica, i veterinari non riuscivano a dirmi cosa avesse, lo sostenevano con il cortisone.
La sua sofferenza, senza speranza, è durata molti mesi poi una domenica sera, il mio cagnone sfortunato si è sdraiato ai miei piedi e in silenzio è spirato.
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Tant'è non ho resistito, ho cambiato, con mano leggerissima, qualche virgola e ho aggiunto e tolto poche parole. Non cambia naturalmente nulla.
Tutto qui, niente di speciale.
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