sabato 23 novembre 2019

Irpinia 1980.

La racconto spesso, è una storia che mi è rimasta in mente e il ricordo non accenna a sbiadirsi.
Trentanove anni fa, 23 novembre 1980, ero a Livorno impegnato nel servizio militare.
Tranquilli!
Non facevo il paracadutista, ero soltanto un semplice soldatino dell'Ospedale militare, contabile nell'ufficio amministrazione, figuratevi che guerriero!
Il 23 novembre 1980 era domenica e io ero impegnato come capoguardia per tutto il fine settimana, avevo tramato per fare quel servizio: abbastanza vicino a Dicembre da garantirmi di non rischiare la licenza natalizia.
Durante tutto il pomeriggio domenicale, io e Carmine, il sergente di giornata, avevamo corteggiato la fidanzata di un nostro ricoverato.
La ragazza era giovane e molto vistosa, ricordo i suoi seni procaci, gli occhi cerulei e i lunghi capelli biondi a boccoli, ci dava corda per allungare il tempo della visita al suo fidanzato e noi, giovani torelli prigionieri dei nostri ardori, le lasciammo tutto il tempo che voleva.
Verso sera, sbolliti i fumi, ci siamo accorti che avevamo dimenticato tutte le consegne, io non avevo mandato il soldato a controllare le comunicazioni del comando militare, poteva essere scoppiata la guerra e noi non lo sapevamo, Carmine non aveva guidato la ronda di ispezione - c'era, lo abbiamo scoperto dopo, il vetro di una finestra rotto e non lo segnalò -, nessun controllo sulle entrate e le uscite; insomma, eravamo un po' preoccupati.
Erano le venti quando incominciarono ad arrivare le telefonate dei soldati napoletani, in licenza e in fuga, ci avvertivano che non sarebbero rientrati e di coprirli al controllo del mattino: un terremoto aveva spianato l'Irpinia e fatto ballare mezza Napoli.

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