Ed ecco che il respiro affannato si inciampa. Una, due, tre volte, poi si ferma. La battaglia è finita, è persa. I polmoni troppo feriti si sono arresi e il cuore, coraggioso ma troppo affaticato, ha smesso di pompare.
Le accarezzo i capelli sulle tempie, sono scompigliati
e sudati, morbidi, mi piace accarezzarli, è tenero ma non consola. Il viso è lo
stesso di sempre, solo un po’ più stanco. Prendo le sue mani, le dita sono
rattrappite come in un ultimo, inutile, sforzo di difesa, le accarezzo e provo una
dolcezza che è già rimpianto. Da sotto la mascherina, sento che il mio respiro
spinge a scatti. È un tentativo di far scoppiare la bolla di dolore che rimane
sospesa, si espande fino a soffocarmi ma non esplode, mi riempie completamente e
svuota di tutto il resto.
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