Finché racconteremo la nostra storia in questo modo non
arriveremo a capire nulla e rimarremo sempre nel reducismo rancoroso, perché
racconta una sconfitta mai contestualizzata, accettata e compresa.
Leggo un post Fb commemorativo di Antonio Lo Muscio, ucciso quarantaquattro anni fa come oggi:
“All’inizio del 1977, mentre a Napoli è in corso il processo contro i Nuclei
Armati Proletari (NAP), l’organizzazione riesce a far evadere due sue compagne,
Franca Salerno e Maria Pia Vianale.
Maria Pia è individuata una prima volta due mesi dopo,
il 22 marzo, mentre viaggia su un autobus a Roma insieme ad Antonio Lomuscio (sic.).
In viale Trastevere un agente in borghese riconosce la giovane, la prende per
un braccio e tenta di dirottare il mezzo verso un commissariato. Maria Pia si
divincola. Antonio spara per mettere in salvo la compagna, colpendo a morte
l’agente. I nappisti riescono a dileguarsi…”.
Notiamo una cosa, secondo me, fondamentale.
Antonio Lo Muscio, Franca Salerno e Maria Pia Vianale sono chiamate per nome e
cognome, spesso sono Antonio, Franca, Maria Pia, il poliziotto è solo un agente
in borghese, non importa il suo nome, è una persona che non merita di essere
individuata con un nome. Quando “Antonio spara per mettere in salvo la
compagna”, colpisce “a morte l’agente”, punto. Lo Muscio non ha colpito e
ucciso un individuo, una persona con un nome, ha colpito e ucciso un’agente.
Questa pratica di non dire il nome di chi è colpito e
ucciso dai “nostri” o di passare con leggerezza sulle azioni dei “nostri”, anche le più rivoltanti e indifendibili, è
diffusa in tutte le testimonianze del reducismo. Non si possono, di certo, definire “ricostruzione
storica”. Ricordo ancora le varie ricostruzioni dell’uccisione di Walter Alasia,
sembra quasi che la sparatoria non ci sia stata, il fatto che Alasia, prima di
tentare la fuga ed essere colpito a morte abbia sparato e ucciso due poliziotti
passa in secondo piano. Fu ucciso dalla polizia, punto! Qualcuno parla addirittura di esecuzione. Un esempio da un sito militante: “Erano entrati alle 5 del mattino, in casa Alasia, gli sbirri,
in tenuta antisommossa e armi in pugno. Walter aveva sparato, trovandosi di
fronte a cotanto schieramento e potenza di fuoco, ammazzando due poliziotti…”.
Il messaggio è “noi avevamo ragione, noi eravamo i
giusti”, solo qualcuno fatto saggio dagli anni trascorsi si spinge ad
ammettere, pur rivendicando la giustezza della propria causa, il disastro
combinato e la sconfitta.