Ho riletto Albert Caraco.
È stata una lettura
occasionale dovuta a contingenze particolari, bloccato a casa e
nell’impossibilità di uscire per una minima passeggiata di salute, ho salvato
la mattinata con Post mortem.
Ricordo, lessi il
libricino a cavallo tra Primavera ed Estate del 1989 – anno cruciale e
urticante per vari motivi pubblici, che tutti devono rammentare, e per motivi
privati, che voglio rammemorare il meno possibile -, negli stessi giorni lessi
Diario di un dolore di C. S. Lewis; cercavo consolazione dal lutto e non sapevo
che era impossibile.
Mi avvedo ora che
entrambi i diari – postumo e in corso d’opera – sono editi da Adelphi,
all’epoca, semianalfabeta provincialotto ancora influenzabile, subivo il fascino
della casa editrice di Calasso e del glamour umbratile dei tomi che pubblicava.
Oddio, sia come sia,
mentre indulgevo in queste letture girava tra le mie mani anche Mente zen,
mente di principiante di Shunryu Suzuki – il Suzuki meno famoso, quello che se
la tirava meno ed era più comprensibile -.
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