Da capo
Prendi il cuore logoro come un sasso
e lancialo lontano.
Presto non ne rimarrà nulla.
Presto l’ultima increspatura si esaurirà
tra le erbacce.
Una volta a casa, affetta carote, cipolle, sedano.
Glassali in olio prima di aggiungere
le lenticchie, acqua e odori.
Poi le caldarroste, un po’ di pepe, sale.
Completa con formaggio di capra e prezzemolo. Mangia.
Puoi farlo, davvero, ti è concesso.
Ricomincia la storia della tua vita.
***
Mela
Al risveglio non ricordavo
nulla del mio sogno.
Si era fatto giorno, poi di nuovo notte –
Nelle ore piene, cos’era successo?
Avevo strappato delle erbacce, portato dentro
dei fiori freddi per il vaso.
Un po’ avevo letto. Un po’ rassettato e spazzato.
Mi ero ripromessa di non far nulla che non mi andasse
quel giorno, e così è stato.
Una volta, una certa speranza mi si è avvicinata
poi è partita. Mi è passata accanto col suo scialle
familiare, che sapeva di fumo iodato.
Non le ho parlato, né lei ha parlato a me.
Eppure il consueto calore correva ancora
tra noi, come una mela divisa tra vecchi amici –
Un morso uno, un morso l’altro.
Finché non finisce.
***
Dopo un lungo silenzio
La cortesia sbiadisce,
un piccolo bagliore d’acciuga
abbandona la pentola capovolta nello scolapiatti
dopo che la luna s’è dileguata dalla finestra.
Una delle ultime libertà, là nel buio.
Gli avanzi della zuppa messi via.
Le distinzioni contano. Se il muso
quieto di una capra debba dirsi nobile
o indifferente. La differenza tra un giusto rigore e l’orgoglio.
Il pensiero intraducibile dev’essere il più preciso.
Eppure le parole non sono la fine del pensiero, ma là dove comincia.
***
Zero più niente fa un mondo
Quattro meno uno fa tre.
Tre meno due fa uno.
Uno meno tre
fa chi, fa ciò che
rimane.
La prima cellula che ha imparato a dividere
ha imparato a sottrarre.
Ricetta:
aggiungi sale alla fame.
Ricetta:
aggiungi tempo agli alberi.
Zero più niente
fa un mondo.
Questo
e nessun altro,
scoperto,
da ogni respiro cambiato.
Ricetta:
aggiungi morte alla vita.
Ricetta:
ama senza scarto ciò che ti porterà.
Sorella, padre, madre, marito, figlia.
Come un violoncello
che perdona una nota mentre va,
poi un’altra.
***
Ottimismo
Sempre di più ho imparato ad ammirare la resilienza.
Non la semplice resistenza di un cuscino, la cui imbottitura
torna di continuo nella sua forma, ma la sinuosa
tenacia di un albero che non appena trova la luce bloccata da un lato,
si gira dall’altro. Un’intelligenza cieca, è vero.
Ma da tale tenacia sono nati tartarughe, fiumi,
mitocondri, fichi – tutta questa resinosa, imperitura terra.
***
Velocità e perfezione
Come finisce presto la stagione delle albicocche —
è sufficiente una notte di vento.
Mi inginocchio a terra, sollevandone una, poi un’altra.
Mangiando quelle che posso, prima che compaiano le ammaccature.
***
La canzone
L’albero, abbattuto questa mattina,
è già stato segato e sezionato, spogliato
dei suoi rami, trasportato e accatastato.
Appena in tempo, la sua fanciulla è sgusciata via.
Adesso sta cantando, una piccola figura
che si intravede nella superficie dello stagno.
Anche il legno, se preso troppo presto, canterà
un po’ nella stufa, ricordandola ancora.
***
Lamiera
Ho studiato molto e ho ricordato poco.
Ma il mondo è generoso, continua a offrire fichi e formaggi.
Non importa se presto dovrò restituire tutto,
il mondo, i fichi.
Essere una stazione ferroviaria dell’esistenza non è cosa da poco.
Non è necessario essere la Grand Central o la stazione di Haydarpaşa.
Il deposito treni potrebbe essere basso, con finestre coperte di polvere di carbone
sotto un tetto a lamelle. Potrebbe essere di lamiera.
Un altro mistero fasciato di rivetti e rubini.
Perde freddo e caldo in entrambe le direzioni, come fa la terra.
***
Faro
La sua visione spazza il suo unico percorso
come un vecchio monaco che rastrella un giardino,
la sua domanda ha trovato risposta molto tempo fa o è passata.
Lontano cavalli al pascolo notturno,
l’alito profumato di avena e finocchio,
lo attraversano, scompaiono, lo attraversano,
scompaiono.
***
Albero
È sciocco
lasciare che una giovane sequoia
cresca vicino a una casa.
Perfino in questa unica vita,
dovrai scegliere.
Quel grande essere quieto,
questo disordine di casseruole e libri —
Ecco le punte di pennello dei rami alla finestra.
Dolcemente, pacatamente l’immensità tocca la tua vita.
***
(NESSUN VENTO, NESSUNA PIOGGIA)
Nessun vento, nessuna pioggia,
l’albero
è semplicemente caduto, come fa un frutto.
Eppure no, nessun frutto. Non è maturo.
Non è caduto.
Si è rotto. Si è spezzato.
Un cono
aggiunto di linfa resinosa,
il piccolo corpo di un uccello
che si slancia a beccare un coleottero.
Si è spezzato.
Quale parola, quale atto,
pensavamo non importasse?
***
Oggi che non potevo fare niente
Oggi che non potevo fare niente,
ho salvato una formica.
Doveva essere entrata con il giornale,
ancora consegnato
a chi deve stare a casa.
Un giornale è ancora un servizio essenziale.
Io non sono un servizio essenziale.
Ho caffè e libri,
tempo,
un giardino,
silenzio abbastanza da riempire cisterne.
Dapprima deve aver camminato
sul giornale, come inchiostro sbavato
che prendeva la forma di una formica.
Poi attraverso il portatile- caldo-
poi sul retro di un cuscino.
Piccola formica nera, sola,
che attraversava un cuscino blu,
si muoveva veloce perché è quello che poteva fare.
Messa fuori al sole,
non avrebbe potuto ritrovare il suo nido.
Allora che cosa ho salvato?
Non sembrava che avesse paura
nemmeno quando camminava sulla mia mano
che la muoveva rapida nell’aria.
Formica, sola, senza compagne,
il cui cuore di formica non potevo comprendere-
come ti va la vita- volevo chiedere.
L’ho sollevata e messa fuori.
Questo primo giorno in cui non potevo fare niente,
contribuire a niente
oltre a stare distante dal mio stesso genere,
ho fatto questo.
***
Pioggia a maggio
Il ferro annerito
della stufa
si raffredda ticchettando
alle prime gocce
che iniziano a incontrare il tetto.
È tardi: la notte
s’è fatta scura così
come un frutto –
un sùbito
aroma di pere riempie la stanza.
Giusto prima dell’alba
ritorna più forte,
un bianco, costante rullio di pioggia diurna
preso nel secchio profondo della luna.
Una luce di latta ammaccata
trabocca di oceano e cielo,
colle che s’apre sul colle davanti,
e mi sveglio a un semplice desiderio,
ciò che voglio da quest’ora comune,
da questa terra comune
che in passato fu sposa del tempo:
sentire come un granchio sente l’onda,
forte come un secondo cuore;
vedere come una cosa verde vede il sole,
con l’attenzione esclusiva dell’amore cieco.
***
Il paw-paw
Una donna mi parla
di un albero di paw-paw.
Non ho mai visto un albero di paw-paw.
Non ne ho mai mangiato i frutti.
Faccio sì con la testa.
La conversazione va avanti.
Ci sono tante cose
che pensiamo di capire,
finché ci fermiamo a pensare.
La sua vita.
La mia.
******
Ho tratto le poesie di Jane Hirshfield in questi siti: Poesia sull'albero; Interno poesia; Poesia femminile singolare; Luigia Sorrentino.

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