Avvertenza, sono fondi di magazzino di due o tre anni fa, roba già edita e ora assemblata in una nuova confezione. Niente di speciale.
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Per essere la prima domenica dell'Estate e, secondo i Maya, il giorno della fine del mondo, il mattino è stato piuttosto fiacco, mi aspettavo quattro angeloni che gridavano "sotto a chi tocca" o, almeno, qualche effetto speciale con suoni di trombe e rulli di tamburi, invece niente.
La mia vicina, la nazista di là dalla strada, ascolta, a volume non fastidioso, un disco di Narciso Parigi. O è Piero Parodi? Mah...
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L'altra sera, in piena crisi di nostalgia, pensavo ai Forti di Forte Coraggio, a Ettorre Ettorri, al gatto Temistocle e a Lupo De Lupis, il lupo tanto buonino, mi veniva in mente anche Osvaldo, il dimenticabile cartone animato ungherese.
Per finire in gloria, ho cercato su YouTube l'inno della DDR e la sigla di Radio Tirana, poi la pena per me stesso ha preso il sopravvento.
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Ascolto, dal benemerito canale Yt di Jack Beatrici, Robinson di Roberto Vecchioni. È un disco del 1980 e, secondo gli utenti del canale, rappresenta l'inizio della fase discendente di Vecchioni. Era il 1980, avevamo proprio dietro le spalle le macerie fumanti del decennio precedente, quello della giovinezza e delle speranze cadute, per tutti noi non poteva esserci altro che la fase discendente. Il momento magico era finito e dovevamo organizzarci per sopravvivere al disastro.
Nello stesso anno anche Claudio Lolli registrò Extranei, un disco comunque dignitoso, certo non era gli Zingari felici. I tempi erano cambiati e la desolazione era tanta.
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Ho riletto Albert Caraco. È stata una lettura occasionale dovuta a contingenze particolari, bloccato a casa e nell’impossibilità di uscire per una minima passeggiata di salute, ho salvato la mattinata con Post mortem.
Ricordo, lessi il libricino a cavallo tra Primavera ed Estate del 1989 – anno cruciale e urticante per vari motivi pubblici, che tutti devono rammentare, e per motivi privati, che voglio rammemorare il meno possibile -, negli stessi giorni lessi Diario di un dolore di C. S. Lewis; cercavo consolazione dal lutto e non sapevo che era impossibile trovarla.
Mi avvedo ora che entrambi i diari – postumo e in corso d’opera – sono editi da Adelphi, all’epoca, semianalfabeta provincialotto ancora influenzabile, subivo il fascino della casa editrice di Calasso e del glamour umbratile dei tomi che pubblicava.
Oddio, sia come sia, mentre indulgevo in queste letture girava tra le mie mani anche Mente zen, mente di principiante di Shunryu Suzuki – il Suzuki meno famoso, quello che se la tirava meno ed era più comprensibile -.
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Leggo nel blog di Luca Boschi che è stato pubblicato un grosso album di storie a fumetti dell'antica rivista Horror. È roba di cinquanta anni fa, la leggevo anche io, adolescente inconsapevole dalle letture variegate e non tutte presentabili, compravo saltuariamente il grosso albo, vergognandomi un po', all'edicola della stazione di Sestri Levante. La giornalaia era giunonica e ricordava un pochino la tabaccaia di Amarcord ma era più seria.
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Il magico mondo dei social.
Mi arriva un messaggio privato. Una ragazza tedesca nemmeno troppo carina, in realtà magari è un omone brutto e cattivo, mi informa che oggi si sente molto calda e che mi aspetta nel suo sito privato.
Visto che la macaia mi rende poco erotomane e punto benevolente, le ho consigliato delle frequenti spugnature ghiacciate.

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